Le tre Eroine Chigi: Artemisia

Con soddisfazione presentiamo l’ultimo restauro effettuato dalla Banca che ha interessato tre preziose tavole dipinte a olio che fanno parte della Collezione Chigi Saracini e per le quali, grazie al lavoro di due storici di chiara fama, Alessandro Angelini e Andrea Giorgi, oggi abbiamo una nuova attribuzione.

Possiamo abbandonare l’antico nome fin qui utilizzato per indicare l’autore, il generico “Maestro delle Eroine Chigi”,  a favore del  magnifico maestro senese Domenico Beccafumi. 

Descrizione


​Si tratta di una delle più antiche attestazioni della triade con eroine inneggianti alla fedeltà del matrimonio, così diffuse nella pittura a Siena nella prima metà del Cinquecento. Essendo infatti queste tavole databili al 1506-07, è evidente che si pongono dopo la numerosa serie di eroi antichi realizzata per le nozze di Silvio Piccolomini di Sticciano nel 1493, ma molto prima delle tre eroine – Marzia, Tanaquilla, Cornelia – dipinte dallo stesso Beccafumi nel 1519 per Francesco di Camillo Petrucci, ora suddivise tra la galleria Doria Pamphili di Roma e la National Gallery di Londra. Anche se nate con ogni probabilità per un’occasione nuziale, la figura di Giuditta in realtà esalta più l’antico ideale politico della libertas, molto caro all’ideologia repubblicana di Siena, che non la fedeltà ai valori del matrimonio; ma questo connubio di virtù pubbliche e private è una costante nei cicli pittorici di tal genere. Più adatte a incarnare le virtù specifiche del matrimonio sono invece Artemisia, così fedele al marito defunto da bere le sue ceneri per divenire urna vivente di esse e Cleopatra così fedele all’amato Antonio da farsi mordere da un aspide, dopo il suicidio del consorte, andando incontro a morte certa. Purtroppo non è nota la provenienza delle tre tavole, previste a decorare la spalliera di una camera gentilizia e che quindi erano connesse l’una all’altra con una carpenteria in legno, forse analoga a quella che ancora oggi lega tre eroine di Guidoccio Cozzarelli appartenenti alla collezione Chigi-Zondadari di Siena. Su piano critico gli studi hanno messo opportunamente in luce una certa differenza tra l’esecuzione della Giuditta – dai tratti più insistentemente arcaici - e quella più sciolta e fluida della Cleopatra e della Artemisia. Tanto che qualcuno ha ipotizzato addirittura una differenza di mano tra due pittori operosi in una stessa bottega e per una medesima commissione, creando così due gruppi, indicati rispettivamente come del ‘primo e secondo maestro di Pandolfo Petrucci’ (Sricchia Santoro 1990).  Altri, studiosi, pur non sottovalutando questo leggero iato stilistico, hanno supposto invece che l’esecutore delle tre tavole sia la stessa persona in due momenti leggermente diversi, che vedono l’esecuzione di Giuditta di qualche tempo precedere quella delle due compagne (De Marchi 1988; Fattorini 1998). In effetti, anche alla luce delle novità documentarie che sono emerse più di recente per merito delle ricerche di Andrea Giorgi (Giorgi 2015 in corso di stampa; si veda un resoconto per i quotidiani in Montanari 2015, Barzanti 2015), relative alla presenza di Domenico a Montepulciano nel 1507 e al riferimento al giovane maestro di una tela raffigurante Santa Agnese per quel comune tuttora conservata nel museo civico (Angelini 2015 in corso di pubblicazione), la proposta di vedere attivo uno stesso maestro, in particolare il giovane Beccafumi, a distanza di alcuni mesi tra la più arcaica delle eroine e le altre due sembra storicamente la più plausibile. Le forti affinità tra le figure femminili di soggetto antico e la tela con Santa Agnese del Museo civico di Montepulciano, in origine un gonfalone processionale, inducono a collocare le tavole senesi in stretta contiguità con il dipinto poliziano del 1507. La figura della domenicana poliziana in realtà pare condividere da una parte, soprattutto nelle pieghe del soggolo e del saio, certe sigle più grafiche e di origine peruginesca presenti nella Giuditta e dall’altra invece certa fluidità di modi, nel paesaggio più morbido e atmosferico, nelle mani dalle dita teneramente sfumate presenti nelle due eroine più recenti. Tutto questo induce a supporre che Beccafumi attorno al 1506-07 abbia eseguito la triade eroica, in un momento in cui la componente peruginesca, indicata da Vasari come essenziale per la sua formazione artistica, veniva a declinarsi con nuove aperture verso la pittura di Sodoma e di Leonardo, ben avvertibili nel tenero sfumato e nel gusto atmosferico del paesaggio, caratterizzato da quei singolari riverberi di luce chiara nella nebbiolina, che poi riappariranno, sia pur svolti con altra maturità, nello sfondo delle Stigmate di Santa Caterina del 1515. Ha inizio da qui anche un primo contatto con il giovane Raffaello, folgorato anche lui  a quelle date dalla presenza fiorentina del grande maestro di Vinci. D’altra parte, le fisionomie dai tratti arguti che caratterizzano Artemisia e Cleopatra sono molto vicine a quelle della Madonna col Bambino e San Giovannino di collezione privata fiorentina e del tondo di Berlino, collocabili attorno al 1508-09.

Bibliografia essenziale:
Salmi 1967, 77-81; De Marchi 1988, pp. 83-90; Sricchia Santoro 1990, pp. 266-269; Sani 1997, pp. 342-343; Fattorini 1998, p. 42; Caciorgna 2005, pp. 197-198; La Porta in Collezione Chigi Saracini 2006, pp. 413-414; Fastenrath Vinattieri 2011, pp. 26, 28; Angelini 2015 in corso di pubblicazione.

Altre indicazioni bibliografiche:
T. Montanari, Il cielo di Beccafumi e il dipinto ritrovato quando l’arte è ‘nascosta’ in archivio, in ‘La Repubblica’ cronaca di Firenze, 29 marzo 2015, p. XIII
R. Barzanti, Sant’Agnese è del Beccafumi, in ‘Corriere di Siena’, 3 aprile 2015, p. 14
A. Angelini / A. Giorgi, in ‘Prospettiva’, 157-158, in corso di pubblicazione, 2015

 

Relazione Tecnica di Restauro effettuato a cura di Nadia Presenti

Aspetti Generali
I supporti lignei sono ricavati da un’unica pianta da frutto, probabilmente ciliegio o pero, e sono in un’unica doga. La Giuditta ha il taglio radiale e la tavola ha mantenuto una buona planarità, mentre la Artemisia e la Cleopatra hanno il taglio tangenziale, con la faccia dipinta rivolta come di consueto verso il centro del tronco, ed infatti entrambe le tavole mostrano un leggero imbarcamento. La condivisione di un’unica tavola lignea, per i dipinti raffiguranti Artemisia e Cleopatra, ne ha determinate e accumunate le vicende conservative.
Le tavole sono state preparate con gesso e colla, l’imprimitura è colorata di ocra gialla e bianco, la pittura è stata eseguita a olio.

Stato di conservazione degli strati pittorici
Giuditta. L’opera è stata in passato restaurata: sono evidenti alcuni fori di siringhe, eseguiti in passati interventi di fermature, e scheggiature del colore nelle labbra e nelle vesti dell’eroina. Le indagini diagnostiche hanno evidenziato la presenza di numerose 3 ridipinture eseguite in un passato intervento di restauro, nella spada, nella gamba scoperta, nella testa di Oloferne, nel paesaggio e soprattutto nel fondo del prato, dove le ridipinture sono molto estese e numerose. Alcune ridipinture non sono in tono come quella sulla fronte di Oloferne. L’opera è verniciata. Uno strato di polvere interessava la superficie pittorica.

Artemisia. Stato di conservazione non era buono: erano presenti numerosissimi distacchi della pellicola pittorica e della preparazione, specialmente distribuiti nella fascia centrale della tavola, i sollevamenti e le crestine di colore rilevavano le fibre del legno. La craquelure era ben visibile. L’opera è stata in passato restaurata: sono evidenti alcuni fori di siringa, eseguiti in passati interventi di fermature, e scheggiature del colore. Delle ridipinture sono localizzabili nel cielo, in prossimità del bordo in alto, e nel prato, nel bordo in basso. L’opera è verniciata. Uno strato di polvere interessava la superficie pittorica.

Cleopatra. Stato di conservazione non buono: erano presenti numerosissimi distacchi della pellicola pittorica e della preparazione, specialmente distribuiti nella fascia centrale della tavola, i sollevamenti e le crestine di colore rilevavano le fibre del legno ed erano molto pronunciati e in procinto di cadere. La craquelure era ben visibile. L’opera è stata in passato restaurata: sono evidenti alcuni fori di siringa, eseguiti in passati interventi di fermature, e scheggiature del colore. Sono numerosissime le piccole ridipinture che interessano tutta la superficie pittorica, mentre ridipinture più grandi sono collocate nel bordo in alto e in basso della tavola; le più vaste invece sono quelle nella parte centrale della figura, specialmente al centro e in basso della veste rossa. L’opera è verniciata. Uno strato di polvere interessava la superficie pittorica.

Risultato delle indagini:
Le indagini in Luce Radente, hanno evidenziato i difetti della superficie del supporto, come lefibre del legno e i nodi, in particolare hanno mostrato i numerosi distacchi del colore e l’entità dei sollevamenti. Le immagini UV hanno evidenziato la vernice, i ritocchi delle ridipinture e le zone integrate. Le immagini IR hanno evidenziato le lacune e le integrazioni. Le vesti di colore rosso della Artemisia e Cleopatra sono risultate trasparenti agli IR mostrando i tratti del disegno. Le immagini IR-Falso colore hanno mostrato le ridipinture e i ritocchi, hanno stabilito l’uso di ossidi di rame per la realizzazione dei cieli e per i verdi dei paesaggi e del prato, mentre i ritocchi sono stati eseguiti anche con blu oltremare. Per le campiture rosse è stata utilizzata la lacca di garanza e il cinabro.

Modalità d’intervento. Aspetti generali della fermatura del colore in sottovuoto localizzato
Il sistema metodologico adottato, che applica un debole sottovuoto alle decoesioni, ai distacchi e sollevamenti del colore, garantisce una maggiore e uniforme distribuzione del consolidante all’interno degli strati preparatori e pittorici e un’alta qualità degli interventi, perché non lascia tracce visibili sulla superficie dell’opera d’arte, come invece può accadere nel consolidamento a pressione atmosferica con scheggiature del colore e fori invasivi dovuti alla penetrazione degli aghi delle siringhe. Inoltre, sono stati realizzati veri e propri interventi di microchirurgia, con tecniche di amplificazione ottica, nel massimo rispetto e cura anche strutture quanto mai minuscole e delicate, come i piccoli distacchi di colore.


Autore

Domenico Beccafumi

Dati Anagrafici Autore

Montaperti, Siena, 1486 - Siena, 1551

Tipologia

Dipinto

Tecnica

Olio su tavola

Soggetto

Artemisia

Periodo artistico

XVI secolo

Datazione

1506

Dimensioni

cm 77,1X43,5

Luogo d'esposizione

Palazzo Chigi Saracini (attualmente in Rocca Salimbeni)

Collezione

Ritorno alla luce

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. GRUPPO IVA MPS - Partita IVA 01483500524