In seguito agli studi conseguiti alla Regia Accademia di Belle Arti di Firenze, dove frequentò dapprima lo studio di Aristodemo Costoli e poi dal 1848 quello di Giovanni Dupré, Zocchi si afferma come un artista dedito al naturalismo, senza rinunciare al bello ideale e all'equilibrio della composizione, memore dell'insegnamento mai dimenticato del già citato maestro senese. La fama e la fortuna dello scultore dovettero cominciare a partire dagli anni Sessanta con il celebre Michelangelo fanciullo, eseguito addirittura in un centinaio di esemplari e ammirato dal re Vittorio Emanuele II, che nel 1862 si recava nell'atelier dello scultore.
La produzione scultorea di Zocchi varia da opere d'ispirazione biblica, ad altre di carattere storico- mitologico in linea con i generi prediletti dall'Accademia – dove otterrà una cattedra di scultura a partire dal 1875 –, ma le sue statue più celebri e rammentate riguardano, non a caso, opere nate per soddisfare il gusto della sempre più affermata borghesia. Come è il caso del Bacco fanciullo della Collezione Banca Monte dei Paschi di Siena, oggi riportato al suo splendore grazie al recente restauro.
La scultura – stilisticamente vicina alle opere neogreche modellate da Giovanni Dupré, nella metà degli anni Cinquanta, e ispirate ai principi de l'art pour l'art teorizzati da Théophile Gautier – presenta una figura di Bacco mollemente sdraiato su un lussuoso prato fiorito, dove scorgiamo elementi utili per l'identificazione del soggetto, come i tralci di vite ed il flauto di Pan. L'attenzione ed il realismo con cui sono rese le specie botaniche, tutte riconoscibili e apprezzabili più che mai da una visione ravvicinata, richiamano alla memoria certe opere pittoriche tardogotiche e del primo Quattrocento fiorentino, un periodo fortemente studiato e imitato nel corso del XIX secolo.
Straordinaria è la capacità mimetica conferita al marmo bianco di Carrara, finemente levigato per la sensuale naturalezza del nudo, in contrapposizione alla resa ruvida del manto erboso, ravvivato da vivaci effetti chiaroscurali. Tali manifestazioni di virtuosismo dovettero certamente avere un peso determinante per il successo riscosso da quest'opera, ricordata come «popolarissima» da Angelo De Gubernatis, prima esposta a Parma nel 1870 e poi a Vienna nel 1873, dove fu premiata dalla giuria.